Perdonate la mia puerilità, ma io ho adorato le lettere dell'alfabeto che, intrecciate fra loro, formano il vostro nome. In tutto quest'anno di speranze ineffabili e di tormenti senza nome, ho voluto aver la potenza di Napoleone il grande, il genio di Byron, le ricchezze di Rothschild per essere degno di voi, per poter gettare ai vostri piedi potenza, oro e genio, e dirvi: tutto questo è vostro; tutto questo in cambio di un sorriso che mi dica: io ti amo.
Io vi ho seguito da per tutto, a Londra, a Bath, in Italia; son riuscito a farmi presentare in casa vostra, mi son fatto amare da vostra zia: io mi son sentito trascinato nella vostra orbita, e senza di voi e fuori di voi non mi sentiva vivo. E tacevo sempre. Timido, riservato, a volta a volta pieno di terrore per l'orgoglio di avere osato amarvi, io taceva sempre e vi guardava.
Con uno sguardo avreste potuto farmi il più infelice tra gli uomini, potevate allontanarmi per sempre da voi; ma invece voi vi lasciaste guardare; e quando nei miei occhi versava tutto il fuoco della mia passione, dei miei desiderii, tutto il torrente dei miei pensieri che eran tutti vostri; quando, guardandovi profondamente, caldamente, convulsamente, io parlava colla parola delle pupille ai vostri occhi, voi smarrivate sovente la serena e malinconica pace del vostro volto; i vostri occhi lampeggiavano anch'essi e d'un subito nascondevano il loro fuoco sotto il velo delle palpebre. Oh! non dite che non mi amate; io non lo crederei. Chiamatemi stolto, superbo; insultatemi col peggiore dei vostri disprezzi, ma non mi dite una menzogna inutile.
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