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      Se per rara fortuna, se con lunghi stenti riuscite ad avere alcuni figli sani, di certo, fra essi, alcuno sarà maledetto; e il padre malato e la madre tubercolosa, leggeranno in quel volto consacrato al dolore una condanna vivente del proprio peccato.
     
      Emma, mia buona Emma, tu sei stata malata tutta la vita, tu, mia ultima figliuola; ho fatto prodigi di igiene per salvarti e credo che tu vivrai. Dio non volle ch'io fossi l'assassino di tutti i miei figli.
     
      Ma la tua vita è fragile come canna nata sola e sottile in mezzo al deserto; chi volesse appoggiarsi sovr'essa la schianterebbe.
     
      Non prender marito mai, mia figliuola; divenendo madre, tu ne morresti o avresti figli condannati a morire nel primo giubilo della fanciullezza o nella primavera della giovinezza. Il veleno della tisi è troppo incarnato nel nostro sangue, perché s'abbia a disperdere in una nuova generazione.
     
      In noi due, ultimi superstiti di tanti cari scomparsi, deve spegnersi il veleno e cancellarsi il peccato.
     
      Giurami, mia Emma, che vivrai e morrai sola. Che tu sia l'espiatrice di tuo padre, l'angelo redentore del suo peccato.
     
      Il testamento, l'eredità di tuo padre è un giuramento di dolore; l'ultima parola che il padre deve dire alla creatura sua, a colei che ha amato sopra ogni altra cosa in questo mondo, è una sentenza di dolore; è un grido che dice: - Soffri! soffri finché vivi!
     
      È questa la più crudele punizione del mio peccato. Dopo aver veduto morire tutti i miei figliuoli; io devo dire all'ultimo che mi è rimasto: - Soffri, e soffri per colpa di tuo padre.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





Emma Emma