La buona mia zia si mise a ridere e si sottopose volentieri all'esperimento.
- Io non ti leggerò che scritti di William e scritti miei; mi hai a dire di quale di noi due siano essi.
- Sta bene, incomincia.
Le lessi mezza pagina.
- E chi ha scritto questo, zia Anna?
- Emma.
Ed io ridendo come una pazza: - No; lo ha scritto William.
- E quest'altra frase, di chi è?
- Oh, questa poi è di William, senza fallo è sua.
- No, no, zia Anna, questa frase è mia.
Quattro volte ancora rifeci la prova, scegliendo con arte maliziosa alcuni pensieri che abbiamo comuni: e la zia Anna si ingannò sempre.
Ora, mio caro William, la scoperta è fatta non solo; ma è appoggiata, come tu suoli dire, al criterio dell'esperimento. Ma chi di noi due è il ladro dello stile e delle parole; chi di noi due è l'autore originale e chi il modesto imitatore?
Rispondi alla mia domanda subito subito. Lo sai, che fino a domani ci siam data la parola di non vederci ed io ti mando John. Egli aspetterà nella tua anticamera finché tu gli abbia consegnato la soluzione del problema.
Addio, William; fra noi due c'è un ladro, fa di scoprirlo. Addio. Rispondimi subito.
William ad Emma.
Londra, mercoledì, 11 pom.
Il furto c'è, mia Emma, ma il ladro non si trova.
Io e tu ci rubiamo a vicenda pensieri, affetti, parole: ma il ladro non c'è perché non prendiamo che cose già nostre. Mi duole di toglierti la compiacenza della scoperta, ma reclamo per la proprietà. Già da molti mesi, anzi dacché ci scriviamo, io ho trovato che il nostro stile sembra uno solo, e che le nostre mani si ritrovano anche quando vanno a frugare nel dizionario.
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