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      Dammi la mano, o cara, ho bisogno di non esser solo. Gli occhi miei si son levati dalla terra dove pazienti ed acuti si erano indarno affaticati, e li portai nei cieli. Stolto, ricercai i confini dell'universo infinito, ma lo splendore di tanti soli accecò la mia vista e non vidi più nulla.
      Dammi la mano, o cara, ho bisogno di non esser solo. La mia mano temeraria penetrò là dove la natura, coprendosi d'un pudico velo, cela i più sublimi misteri: là dove la vita, nascendo dalle rovine della morte, ci fa sentire il suo primo palpito; ma la mia mano di ferro soffocò, distrusse il germe delicato, e non più un palpito vi rispose.
      Metti la tua mano, o cara, sulla mia fronte, e spegni il fuoco che la divora.
      Per ogni lato dove la mia mente si volge cercando il vero; per ogni luogo dove andò ricercando i misteri della vita, si trovò sbarrata la via; e mai sapendosi accontentare dei vuoti suoni di cui l'andavano vezzeggiando i sapienti fortunati, dopo una lotta inutile e forsennata per spezzare i confini segnati all'umana ragione, giacque spossata ed affranta.
      Dammi la mano e stringi la mia, sicché io possa sentire d'averti vicino; ho bisogno di non sentirmi solo.
      Il mio vergine cuore si è fatto sentire e mi si è schiuso un nuovo orizzonte, ristretto da ridenti colline e da prati fioriti ed io apersi le braccia per stringere al mio seno quel paradiso... Ma dammi la mano, o cara, e stringi la mia ancor più forte, ché il solo ricordarlo mi spaventa, ed io ho bisogno di non sentirmi solo.
      Ma a che lacerare una piaga che è chiusa da pochi giorni?


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147