Ho socchiuso la bocca per aspirare l'aria profumata della primavera e mi parve che essa avesse lambito le labbra vellutate della mia Emma.
Ho colto una viola e mi è parso che quell'aroma delicato mi scendesse fino al cuore, e me ne vellicasse le fibre più sensibili, come quando l'anima mia si sente vicina alla sua Emma.
Ho sprofondato gli occhi nei campi azzurri del cielo infinito; e i fiocchi vaganti delle nubi mi pareva segnassero coi loro scherzi il nome di Emma, con caratteri d'argento in campo d'oltremare.
In me stesso, nelle mie memorie, nelle mie speranze, non poteva trovare altra cosa che te sola, e tutto, tutto mi richiama l'immagine di Emma.
Perfino le boccette del mio laboratorio, le immagini dei miei quadri, i libri della mia biblioteca mi sembrano tutti specchi, nei quali Emma, mirandosi un istante, avesse lasciato la sua immagine divina. In me e fuori di me, nel mondo degli spiriti e della materia, nella veglia e nel sonno, nella gioia e nel dolore, nella pace e nell'ira io non vedo, io non sento che una sola cosa, la mia Emma. Io non sono cosa alcuna senza di lei, e senza di lei non sento di pensare e di vivere. Le nostre esistenze non formano altro che un'esistenza sola...
Emma a William.
Londra, 17 luglio.
Dunque, mio buon William, per amor tuo conviene lasciarci. Io parto per Madera; lo vuole anche il vecchio medico di mio padre. Egli vive ritirato da molti anni nella sua villa di Brompton e ieri ho fatto una gita a casa sua insieme alla zia Anna. Era molto tempo che non lo vedeva, ma dalla zia aveva già saputo tutto, ché tu lo sai, egli è il consigliere nostro in ogni cosa importante.
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