Il mio letargo s'era cambiato in una soave e tranquilla malinconia; il mio respiro era più libero ed io era contenta di aver scoperto una gemma di poesia, perché la poteva mandare al mio William.
Emma a William.
Madera, 19 ottobre 18...
Ho vissuto per quindici giorni nella poesia raccolta a Machico: avrei voluto essere un poeta per poter deporre anch'io sulla tomba di Machim e di Anna la mia corona di fiori; avrei voluto il genio per rendere immortali quei due fortunati esuli che riposano da cinque secoli fra le radici di quel cedro che fu il nido d'un amore senza nubi e senza procelle. Sopra tutto poi avrei voluto essere Anna e avrei voluto che tu fossi Machim.
Perché tanta poesia doveva sfumare a un tratto dinanzi a un quadro desolante e d'una dura realtà? Perché l'azzurra poesia del passato doveva esser coperta brutalmente dal drappo nero d'un funerale? Ti ho promesso di non esserti avara della più piccola delle mie gioie, di non risparmiarti nessuno dei miei dolori: or vedi con quanto scrupolo mantengo la parola.
E poi mio William il dolore che ho sentito quest'oggi mi ucciderebbe se non l'avessi a dividere teco e poi è un dolore che ci ammaestra e ci eleva: devo essergliene grata. Quando il dolore bruscamente ci piglia per il braccio e ci guida sulla via del dovere, noi dobbiamo ringraziarlo. È un medico che taglia e brucia, ma guarisce. Ah! dovere, dovere, tu sei un Dio di ferro, ma ci tempri l'anima ad alte cose; tu sei crudele, ma tu solo ci dai il santo orgoglio di esser qualcosa più d'una creatura che nasce, mangia e muore, qualcosa più d'un verme che, dopo aver divorato tante creature vive, dà alla sua volta le proprie carni in pasto di altri vermi minori.
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