» L'ingegno potente del Monti tentò nella Basvilliana di scuotere il giogo di quell'Olimpo che aveva tramutata la poesia in numerate sillabe, mute di pensiero e di passione; ma siccome la sua rivoluzione era di pura forma, così non potè essere completa, e non fu neppure da lui avvertita. Sentiva che le argive ciancie non bastavano più al moderno poeta, e ch'eran ridotte a servir di maschera alla turba dei meschini verseggiatori; ma l'autorità del passato gli tolse il coraggio di proclamare ciò che in fatto faceva: anzi, nel sermone per le nozze d'Antonietta Costa, smentì la condanna che, nella sua dedica al Bardo della Selva Nera, aveva fatto della mitologia.
Manzoni nel Trionfo della Libertà imita il Monti libero della Basvilliana, del Fanatismo, del Pericolo; ma due anni dopo subisce l'influenza del maestro, e s'immerge nella mitologia più pura. Lo dimostra l'idillio intitolato all'Adda che egli dirige a Monti per invitarlo a recarsi alla sua villa. Qui son persone l'Adda e il Po: i satiri, riscaldati da Febo, corrono a spegnere i lascivi desideri nelle pure onde: il vermiglio Bacco e la bionda Cerere son propizi ai colli Eupilini: e tutte nove le Aonie suore tengono congressi vicino alle fonti di origine divina.
Faremo precedere all'idillio la lettera 15 settembre 1803, colla quale Manzoni lo inviava al maestro:
«A Vincenzo Monti»
«Voi mi avete più volte ripreso di poltrone, e lodato di buon poeta. Per farvi vedere che non sono nè l'uno nè l'altro, vi mando questi versi. Ma il principal fine di essi si è il ricordarvi l'alta mia estimazione per voi, la vostra promessa e il desiderio con cui vi sto attendendo.
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