È silenzio ed orror. Te dunque invito,
Canoro spirto, a risvegliar col cantoNovo rumor Cirreo. A te concesse
Euterpe il cinto, ove gli eletti sensiE le imagini e l'estro e il furor sacro
E l'estasi soavi e l'auree vociGià di sua man rinchiuse. A te venturo
Fiorisce il dorso brïanteo: le pomaMostra Vertunno, e con la man ti chiama:
Ed io, più ch'altri di tuo canto vaga,
Già mi preparo a salutar da lungeL'alto Eridano tuo, che al novo suono
Trarrà maravigliando il capo algoso,
E tra gl'invidi plausi de le Ninfe
Bella d'un inno tuo corrergli in seno.
Monti gli rispose:
«Mio caro Manzoni.»
«La fortuna, o altro demonio che sia, mi attraversa tutti i buoni disegni. Io vengo col cuore ogni dì alla vostra campagna, e mai mi è dato di venirvi colla persona. E due sono gli impedimenti. Il primo è quello della mia salute che ancora travaglia nell'antico suo incomodo, per cui mi conviene sorbir decotti ogni mattina, e cautelarmi da tutte le impressioni dell'aria che altera per un minimo che il barometro della mia povera macchina sconcertato. L'altro me lo cagiona Persio, di cui ho cominciato la stampa.
«Il vostro Idillio è venuto poi a crescermi il dolore di non poter recarmi ad abbracciare il mio caro amico e poeta e a far con esso un sacrificio poetico all'Adda, che mi onora del divino suo invito. Non sono adulatore, mio caro Manzoni, ma credimi sincerissimo quando ti dico che i versi che mi hai mandati sono belli. Io li trovo respiranti quel molle atque facetum virgiliano che a pochi dettano gaudentes rare Camœnæ. Rileggendoli, appena scontro qualche parola che volendo essere stitico, muterei, ed è probabile che non sarebbe che in peggio.
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