Non è più il classicismo di Monti, sebbene questi al leggere l'Urania esclamasse: «Costui comincia dove io vorrei finire;» ma è il classicismo dell'altro suo maestro, Parini, al cui studio si era, come sappiamo, dedicato con indicibile affetto. In tutte le opere di Parini la mitologia è un ornamento che non intacca la sostanza: ed anzi nel Meriggio si deride il poeta che tesseva inni al «barbato figliuol di Febo intonso»; e si può dire che Manzoni compisse la redenzione che Parini intravedeva quando, udendo una figliuola cantare in commoventi versi la morte del padre, scriveva:
T'allegra, o Poesia, che la tua liraDai giunchi della mente alfin ritorna
Del core ai moti e la virtude inspira.
VI. Ma la mitologia non era il solo carattere del classicismo; nè i novatori, che furon detti romantici, si fermavano ad essa, perchè a più alta e degna meta miravano. La mitologia era la forma che serviva ad alimentare lo sciame dei poetastri senza fantasia, fin dai tempi greci e latini, eccitando l'ira di Luciano(12) e quella di Giovenale, perchè a ogni uomo di buon giudizio riesciva stucchevole l'abuso che se ne faceva; ma Manzoni e la valorosa schiera cui era ascritto, volevano tornare le lettere ad un vero apostolato civile, sottraendole a coloro che le consideravano fomentatrici di vanità o pompa inutile di ingegno o anche declamazioni vuote e prediche noiose. Era naturale che per esprimere i bisogni del tempo in cui vivevano, non potessero adoperare la forma di una religione che da tanti secoli era morta.
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