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      Dolce in vista ed umano, e insiem(29) feroceQuindi era il patrio amor che ai figli suoi
      Il cor con l'alma face infiamma e cuoce;
     
      E i servi trasformar puote in eroi,
      E non teme il fragor di tue ritorte,
      O Tirannia, nè de' metalli tuoi;
     
      Non quella cieca che si chiama sorteChe i vili in Ciel locaro e fecer Diva;
      E scritto ha in petto: O libertade o morte.
     
      D'ogni intorno commosso il suol fioriva,
      L'aura si fea più pura e più serena,
      E sorridea la fortunata riva.
     
      E a color che fuggir l'aspra catena(30)
      Prorompea sugli occhi, e su le labbiaImpetuosa del piacer la piena,
     
      Come augel, che fuggì l'antica gabbia,
      Or vola irrequieto tra le frondi,
      Rade il suol, poi si sguazza nella sabbia.
     
      Quindi s'udian rumor cupi e profondi,
      Un franger di corone e di catene,
      Un fremer di Tiranni moribondi:
     
      Impugnando un flagel d'anfesibeneLa Tirannia giacevasi da canto
      E si graffiava le villose gene.(31)
     
      E i torbid'occhi si copria col manto;
      Che la luce vincea l'atre palpébre,
      E le spremea dalle pupille il pianto,
     
      Come notturno augel, che le latébreOspiti cerca allor che il sole incalza
      Ne' buj recinti l'orride tenébre.
     
      Evvi una cruda, che uno stile innalza,
      E 'l caccia in mano all'uomo e dice: scanna,(32)
      E forsennata va di balza in balza.
     
      Nera coppa di sangue ella tracanna,
      E lacerando umane membra a braniLe spinge dentro a l'insaziabil canna.
     
      E con tabe-grondanti orride maniI sacrileghi don su l'ara pone,
      E osa tendere al Ciel gli occhi profani.
     
      Che più? sue crudeltati ai Numi appone,
      E fa ministro il Ciel di sue vendette;(33)
      E il volgo la chiamò: Religïone.


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Del trionfo della libertà
di Alessandro Manzoni
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 91

   





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