Avean lā tutto il mio pensier raccolto,
Quando tutto a sč 'l trasse una novellaTurba, che di rincontro a me venia,
D'abito pių recente e di favella.
Confuso e irresoluto io me ne gėa,
Com'uom che in terra sconosciuta mova,
Che lento lento dubbiando s'avvia.
Ed erano color che per la novaLibertade s'alzar fra l'alme prime,
Di sč lasciando memoranda prova.
Grandeggiava fra queste una sublimeAlma,(70) come fra 'l salcio umile e l'orno
Torreggian de' cipressi alto le cime.
Avea di belle piaghe il seno adornoChe vibravan di luce accesa lampa,
E fean pių chiaro quel sereno giorno;
Che men rifulge il sol quando pių avvampa,
E sovra noi da lo stellato arringoD'orme fiammanti pių diritte stampa.(71)
Allor ch'egli me vide il pič ramingoTraggere incerto per l'ignota riva,
Meditabondo, tacito e solingo,
A me corse gridando: "Anima viva,(72)
Che qua se' giunta, u' solo per virtute,
E per amor di libertā s'arriva;
Italia mia che fa? di sue ferute
Č sana alfine? č in libertate ? č in calma?
O guerra ancor la strazia e servitute?
Io prodigo le fui di non vil alma,
E nel cruento suo grembo ospitaleGiacqui barbaro pondo, estrania salma.(73)
Nč m'accolse nel seno il suol natale,
Nč dolce in su le ceneri agghiacciateIl suon discese del materno vale." -
Barbaro estranio tu? non son sė ingrateL'anime italiane, e non č spento
L'antico senso in lor de la pietate.
Oh qual non fece Insubria mia lamentoPių sul tuo fato, che sul suo periglio!
Ahi! con lagrime ancor me ne rammento.
E te, discinta e scarmigliata, figlioChiamō, baciando il tronco amato e santo,
| |
Insubria
|