E con la destra ti compose il ciglio.
E adorò 'l tuo cipresso al quale accantoIl caro germogliò lauro e l'ulivo,
Che i rai le terse del bilustre pianto.(74)
Li terse? Ahi no! che a lei costonne un rivo,
Che inondò i membri inanimati e rubriDi te, che 'n cielo e ne' bei cor se' vivo.
Deh! resti a noi, dicean le rive Insubri,
Deh! resti a noi, ma l'onorata spogliaTrasse Francia gelosa a' suoi delubri.(75)
Ma de l'Itala sorte, onde t'invogliaTanto desio, come farò parola?
Che un seme di tiranni vi germoglia.
E sotto al giogo de la grave stolaLa gran Donna del Lazio il collo spinse
E guata le catene, e si consola.
E Partenope serve a lei che vinseIn crudeltà la Maga empia di Colco,(76)
E de' più disumani. il grido estinse.
Ed il Siculo e 'l Calabro bifolcoFrange a crudo signor le dure glebe,
E riga di sudore il non suo solco."
Al mio dir disïosa urtò la plebeUn'ombra,(77) sì com'irco spinge e cozza
In su l'uscita le ammucchiate zebe.
Avea i luridi solchi in su la strozzaDel capestro, e la guancia scarna e smunta,
E la chioma di polve e sangue sozza.
E surse de le piante in su la punta,
Come chi brama vïolenta tocca,
E uno sciame d'affetti in sen gli spunta,
Ed il cor sopraffatto ne traboccaInnondato e sommerso, e l'alma fugge
Su la fronte, su gli occhi e sulla bocca.(78)
Poi gridò: "l'empia vivo e non l'adugge(79)
Il telo che temuto è sì là giue?
E 'l dolce lume ancor per gli occhi sugge?
Nè pur la pena di sue colpe lue,(80)
Ma vive, e vive trïonfante, e regna:
Regna, e del frutto di sue colpe frue."
O tu, diss'io, che sì contra l'indegna
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