Compì su la mia spoglia la bipenne.(94)
Allora scossi l'abborrito giogo,
E l'ali aprendo a la seconda vita,
Rinacqui alfin, come fenice in rogo.
Ed ancor tace il mondo? ed impunita
È la tigre inumana, anzi felice,
E temuta dal mondo e riverita?
Deh! vomiti l'accesa Etna l'ultrice(95)
Fiamma, che la città fetente copra,
E la penetri fino a la radice.
Ma no: sol pera il delinquente:(96) sopraLei cada il divo sdegno, e sui diademi,
Autori infami de l'orribil opra.
E fin da lunge nei recessi estremi,
Ove s'appiatta, e ne' covigli occultiL'oda l'empia tiranna, odalo e tremi,
E disperata mora, e a' suoi singultiNon sia che cor s'intenerisca e pieghi,
E agli strazi perdoni ed agli insulti,
O dal Ciel pace a l'empia spoglia preghi;
Ma l'universo al suo morir tripudi,
E poca polve a l'ossa infami neghi.
E l'alma dentro a le negre paludiPiombi, e sien rabbia, assenzio e fiel sua dape,
E tutto Inferno a tormentarla sudi,
Se pur tanta nequizia entro vi cape."
FINE DEL CANTO TERZO.
CANTO QUARTO
Tacque ciò detto e su l'enfiate labbia(97)
Gorgogliava un suon muto di vendetta,
Un fremer sordo d'intestina rabbia.
E le affollate intorno ombre, "vendetta"
Gridar, "vendetta" e la commossa rivaInorridita replicò: "vendetta."
I torbid'occhi il crine a lui copriva;
Fascio parea di vepri o di gramigna;
Onde un'atra erompea luce furtiva;
Come veggiamo il sol se una sanguignaNugola il raggio ne rinfrange, obliqua
Vibrar l'incerta luce e ferrugigna.
Ahi di tiranni ria semenza iniqua,
De gli uomini nimica e di natura,
Or hai pur spenta l'empia sete antiqua!
| |
Etna Ciel Inferno
|