E stimol fiero di gloria lo pugne,
Drizza il capo e l'orecchio al suono inchina,
E l'indegno terren scalpo con l'ugne.
Contra i tiranni sol la cittadinaRabbia rivolgi, e tienti in mente fiso,
Che fosti serva, ed or sarai reina."
Disse e tacque, raggiandomi d'un riso,
Che del mio spirto superò la forza,
Così ch'io ne restai vinto e conquiso.
Mi scossi, e la rapita anima a forza,
Come chi tenta fuggire e non puote,
Cacciata fu ne la mortale scorza.
Io restai come quel che si riscoteDa mirabile sogno, che pon mente
Se dorme o veglia, o tien le ciglia immote.
O Pïeride Dea, che il foco ardenteInspirasti al mio petto, e i sempiterni
Vanni ponesti a la gagliarda mente,
Tu, Dea, gl'ingegni e i cor reggi e governiE i nomi incidi nel Pierio legno
Che non soggiace al variar de' verni.
Tu l'ali impenni al Ferrarese ingegno,(112)
Tu co' suoi divi carmi il vizio fiedi,
E volgi l'alme a glorioso segno.
Salve, o Cigno divin, che acuti spiediFai de' tuoi carmi e trapassando pungi
La vil ciurmaglia, che ti striscia ai piedi.
Tu il gran cantor di Beatrice aggiungi,(113)
E l'avanzi talor; d'invidia pieneTi rimiran le felle alme da lungi,
Che non bagnar le labbia in Ippocrene,
Ma le tuffar ne le Stinfalie fogne,
Onde tal puzzo da' lor carmi viene.(114)
Oh limacciosi vermi! Oh rie vergogneDe l'arte sacra! Augei palustri e bassi;
Cigni non già, ma corvi da carogne.
Ma tu l'invida turba addietro lassi,
E le robuste penne ergendo, comeAquila altera, li compiangi e passi.
Invano atro velen sovra il tuo nomeSparge l'invidia, al proprio danno industre
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