Manzoni, che aveva passato molti anni nelle scuole dei frati, chiama «devoti suicidi» coloro che si consacrano alla verginità, perchè offendono la natura umana che ha creato l'un per l'altro, l'uomo e la donna. Però evita con cura ogni scurrilità, sebbene, quell'anno che egli scriveva, non mancassero i fogli volanti, ludibria ventis, di spargere disonesti dialoghi che avevan sempre a tema frati e monache, preti e perpetue. Aggiungeremo che Manzoni aveva in casa l'esempio di una vittima dei voti claustrali. Era una zia di carattere vivace, e che sarebbe stata una amorosa madre di famiglia, se non l'avessero fatta monaca. Quando Giuseppe II soppresse i monasteri, ella fu felice di uscire dalla clausura e di tornare a respirar l'aria libera; e sebbene si fosse conservata pia di costumi, pure non mancava mai, quando il discorso batteva su quel tasto, di invocare la libertà, coll'aria di chi sa che cosa voglian dire i legami dei voti monacali. Osservisi inoltre che nella Morale Cattolica (cap. XVI) Manzoni del voto di verginità si sbriga con poche parole, come d'argomento che scotti.
(70) Nota del poeta. -
«Come fra il saldo umile e l'orno:»
«Quantum lenta solent inter viburna cupressi.»
(VIRGILIO.)
(71) Costui reputiamo sia Dessaix, morto a Marengo, e che fu l'eroe di quella battaglia. I poeti andavano a gara nel celebrare il suo valore e la morte gloriosa; e Monti con pensiero simigliante a quello di Manzoni, avea cantato indirizzandosi all'Italia:
«Questo lauro al crin circonda;
Virtù patria lo nutrì:
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