Ed allora ricominciarono le stragi, fatte non più dalla ferocia del popolo, ma dai magistrati; e trentamila cittadini, narra il Colletta, furono nella sola Napoli carcerati. Quindi vennero i supplizi.
(88) Veri eroi si dimostrarono i repubblicani nel dispregio della morte e dei satelliti regi. Manthoné è tradotto dinanzi a Vincenzo Speciale sgherro camuffato da giudice, e interrogato che avesse fatto per la repubblica: «Grandi cose, rispose, ma non bastevoli. - Che adducete, chiese il giudice, per vostra difesa? - Che ho capitolato.» E rifiutò di aggiunger altro, sdegnando rispondere a fedifraghi, e venne appiccato. Domenico Cirillo, medico illustre, e che aveva salvato il re nella sua infermità, uomo grave d'anni e venerando per l'integrità della vita, chiesto della condizione, rispose: «Medico sotto il principato, rappresentante del popolo nella repubblica. - Ed ora, domandò Speciale dileggiandolo, che sei? - In tua presenza, o codardo, sono un eroe!» E fu ucciso. Il conte di Ruvo, svillaneggiato dal giudice Sambuti, gli disse: «Se fossimo ambedue liberi, parleresti più cauto: ti fanno audace queste catene» e gliele scosse sul viso, facendolo allibire. Il sapiente Mario Pagano, interrogato, disse che egli credeva inutile ogni difesa, che la malvagità degli uomini e la tirannia del governo gli facevano odiosa la vita, e sperava pace solo dopo morto. E l'ebbe sulla forca.
(89) Due smisurati tronchi: il capestro e la mannaja lavoravano ad un tempo.
«Quarantamila cittadini (scrive il Colletta) a dir poco erano minacciati della pena suprema e maggior numero dell'esiglio; per fortuna molti scamparono.
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