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De' suoi studi sulla Rivoluzione francese ci lasciò una introduzione completa e il principio dell'opera: in questa intendeva fare un parallelo fra la rivoluzione francese e l'italiana.
(91) Chi trovasse esagerata la descrizione, la paragoni con quella che fa Monti di Luigi XVI nel Pericolo, scritto nel 1797. Dipinge il re decapitato coll'occhio fosco e fiero d'un bujo infernale:
«Dalle occhiaje, dal naso e dall'infettoLabbro, la tabe uscia sanguigna e pesta
Che tutto gli rigava il mento e il petto.
E scomposte le chiome in su la testaD'irti crini parean selva selvaggia,
Ch'aspro il vento rabbuffa e la tempesta.»
È strano come il Monti usi l'imagine delle chiome scomposte del Capeto, mentre pochi anni prima l'avea adoperata nel secondo canto della Basvilliana per descrivere i capelli dei quattro regicidi che spingono lo stesso Luigi sotto la mannaja: «Campo di biada già maturo - Nel cui mezzo passata è la tempesta.»
(92) Ripetiamo che Maria Antonietta era sorella di Carolina di Napoli, e quindi il poeta imagina venisse a pascersi dei supplizi repubblicani, quale sacrifizio a lei offerto dalla sorella.
(93) Tintinni de' bronzi. Imagine poetica, e inesattezza storica, perchè si erano in questi giorni di stragi omessi, come troppo frequenti, i rintocchi dell'agonia pei giustiziati.
(94) La bipenne. Questa espressione ci fa supporre che Manzoni abbia voluto personificare in quest'ombra Ettore Caraffa, conte di Rovo, che, qual nobile, morì non sulla forca, ma sotto la mannaja. Si fece notare fra gli altri, perchè, condotto al patibolo, volle giacer supino per vedere, a dispregio, scendere dall'alto la mannaja che doveva troncargli la vita: così il Colletta.
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