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      .. e badino bene gli ufiziali della giustizia, di non andar avanti tanto allegramente (ne nimis animose procedant), con questo pretesto dell'arbitrio(23)".
     
      Cosa intese dunque, con quelle parole: remittitur arbitrio judicis che il Verri traduce: "tutto si rimette all'arbitrio del giudice"?
     
      Intese... Ma che dico? e perché cercare in questo un'opinion particolare del Claro? Quella proposizione, egli non faceva altro che ripeterla, giacché era, per dir così, proverbiale tra gl'interpreti; e già due secoli prima, Bartolo la ripeteva anche lui, come sentenza comune: Doctores communiter dicunt quod in hoc (quali siano gl'indizi sufficienti alla tortura) non potest dari certa doctrina, sed relinquitur arbitrio judicis(24) . E con questo non intendevan già di proporre un principio, di stabilire una teoria, ma d'enunciar semplicemente un fatto; cioè che la legge, non avendo determinato gl'indizi, gli aveva per ciò stesso lasciati all'arbitrio del giudice. Guido da Suzara, anteriore a Bartolo d'un secolo circa, dopo aver detto o ripetuto anche lui, che gl'indizi son rimessi all'arbitrio del giudice, soggiunge: "come, in generale, tutto ciò che non è determinato dalla legge(25) ". E per citarne qualcheduno de' meno antichi, Paride dal Pozzo, ripetendo quella comune sentenza, la commenta così: "a ciò che non è determinato dalla legge, né dalla consuetudine, deve supplire la religion del giudice; e perciò la legge sugl'indizi mette un gran carico sulla sua coscienza(26)i ". E il Bossi, criminalista del secolo XVI, e senator di Milano: "Arbitrio non vuol dir altro (in hoc consistit) se non che il giudice non ha una regola certa dalla legge, la quale dice soltanto non doversi cominciar dai tormenti, ma da argomenti verisimili e probabili.


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Storia della colonna infame
di Alessandro Manzoni
pagine 132

   





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