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      Perciocché era (e poteva non essere?) dottrina universale, canone della giurisprudenza, che il giudice inferiore, il quale avesse messo un accusato alla tortura senza indizi legittimi, fosse punito dal superiore.
     
      Ma il senato di Milano era tribunal supremo; in questo mondo, s'intende. E il senato di Milano, da cui il pubblico aspettava la sua vendetta, se non la salute, non doveva essere men destro, men perseverante, men fortunato scopritore, di Caterina Rosa. Ché tutto si faceva con l'autorità di costei; quel suo: all'hora mi viene in pensiero se a caso fosse un poco uno de quelli, com'era stato il primo movente del processo, così n'era ancora il regolatore e il modello; se non che colei aveva cominciato col dubbio, i giudici con la certezza. E non paia strano di vedere un tribunale farsi seguace ed emulo d'una o di due donnicciole; giacché, quando s'è per la strada della passione, è naturale che i più ciechi guidino. Non paia strano il veder uomini i quali non dovevan essere, anzi non eran certamente di quelli che vogliono il male per il male, vederli, dico, violare così apertamente e crudelmente ogni diritto; giacché il credere ingiustamente, è strada a ingiustamente operare, fin dove l'ingiusta persuasione possa condurre; e se la coscienza esita, s'inquieta, avverte, le grida d'un pubblico hanno la funesta forza (in chi dimentica d'avere un altro giudice) di soffogare i rimorsi; anche d'impedirli.
     
      Il motivo di quelle odiose, se non crudeli prescrizioni, di tosare, rivestire, purgare, lo diremo con le parole del Verri.


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Storia della colonna infame
di Alessandro Manzoni
pagine 132

   





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