Ma la passione è pur troppo abile e coraggiosa a trovar nuove strade, per iscansar quella del diritto, quand'è lunga e incerta. Avevan cominciato con la tortura dello spasimo, ricominciarono con una tortura d'un altro genere. D'ordine del senato (come si ricava da una lettera autentica del capitano di giustizia al governatore Spinola, che allora si trovava all'assedio di Casale), l'auditor fiscale della Sanità, in presenza d'un notaio, promise al Piazza l'impunità, con la condizione (e questo si vede poi nel processo) che dicesse interamente la verità. Così eran riusciti a parlargli dell'imputazione, senza doverla discutere; a parlargliene, non per cavar dalle sue risposte i lumi necessari all'investigazion della verità, non per sentir quello che ne dicesse lui; ma per dargli uno stimolo potente a dir quello che volevan loro.
La lettera che abbiamo accennata, fu scritta il 28 di giugno, cioè quando il processo aveva, con quell'espediente, fatto un gran passo. "Ho giudicato conuenire," comincia, "che V.E. sapesse quello che si è scoperto nel particolare d'alcuni scelerati che, a' giorni passati, andauano ungendo i muri et le porte di questa città." E non sarà forse senza curiosità, né senza istruzione, il veder come cose tali sian raccontate da quelli che le fecero. "Hebbi", dice dunque, "commissione dal Senato di formar processo, nel quale, per il detto d'alcune donne, e d'un huomo degno di fede, restò aggrauato un Guglielmo Piazza, huomo plebeio, ma ora Commissario della Sanità, ch'esso, il venerdì alli 21 su l'aurora, hauesse unto i muri di una contrada posta in Porta Ticinese, chiamata la Vetra de' Cittadini.
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