E benché questa non sia la sola gloria negativa di questa nostra letteratura pure bisogna conservarla gelosamente intatta, al che ben provvedono quelle migliaja di lettori e di non lettori i quali per opporsi a ogni sorta d'invasioni letterarie si occupano a dar se non altro molti disgusti a coloro che tentano d'introdurre qualche novità. Oltre di che questo genere, quand'anche non sia altro che una esposizione di costumi veri e reali per mezzo di fatti inventati è altrettanto falso e frivolo, quanto vero e importante era ed è il poema epico e il romanzo cavalleresco in versi. Per queste ragioni ognun vede quanta debba importare all'editore di allontanare da sé questo sospetto. Certo, il migliore espediente sarebbe di mostrare il manoscritto, ma a questo egli non può indursi per altri e pur degni rispetti. Il più degno dei quali si è, che se il manoscritto fosse mostrato a pochissimi ed amici, l'incredulità durerebbe, e se a molti si diffonderebbe l'opinione che la vecchia e originale storia è molto meglio scritta che la nuova e rifatta, che v'era in quella un certo garbo, una certa naturalezza, un sapore di verità, un'aria di contemporaneità che è svanita affatto nella copia. Si direbbe che veramente il reo gusto del secolo si fa sentire nello stile del vecchio scrittore ma che però vi è una certa fragranza (dico bene?) di lingua che ben fa vedere che di poco era spirato quell'aureo cinquecento, quel secolo nel quale tutto era puro, classico, lindo, semplice, nel quale la buona lingua si respirava per così dire coll'aria, si attaccava da sé agli scritti, dimodoché, cosa incredibile e vera! fino i conti delle cucine e gli editti pubblici erano dettati in buono stile.
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