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      In Lombardia, dove pochissime idee erano diffuse e ventilate, donde nessun libro veramente importante era uscito fin allora, dove la lingua toscana si studiava pochissimo e da pochissimi, e da nessuno per così dire le lingue straniere, le quali del resto non avendo ancora opere ben pensate non potevan comunicare idee in Lombardia dove alcuni pochi studii erano coltivati in un modo pedantesco, e molti studii trascurati anzi sconosciuti, il linguaggio comune doveva esser rozzo, incolto, inesatto, arbitrario, casuale; e lo era infatti al massimo grado. Sur un tal fondo si ricamava poi di quelle arguzie, si appiccava quella ricercatezza che era la tendenza generale di tutta la letteratura italiana; e ne usciva quel complesso di goffaggine prosuntuosa, d'ignoranza affermativa, quella continuità d'idee storte espresse in solecismi, lo scrivere insomma di cui si è dato un saggio. E il nostro autore non era uno dei peggiori del suo tempo: era anzi alquanto al di sopra della proporzione media: ma in verità s'io avessi avuta la pazienza di trascrivere la sua storia voi non avreste quella di leggerla.
      La storia però ci parve interessante, e ci sapeva male ch'ella dovesse rimanersi sempre sconosciuta. Ci siamo quindi risoluti di rifarla interamente, non pigliando dall'autore che i nudi fatti.
      Ma, rigettando, come intollerabile, lo stile del nostro autore, che stile vi abbiamo noi sostituito? Qui giace la lepre.
      Che giova dissimulare? Confessiamo sinceramente che anche noi abbiamo adoperata qua e là, non solo nei dialoghi, ma anche nella narrazione qualche parola, qualche frase assolutamente lombarda.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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