E appresso, lo prego di scusarmi se non gli posso rispondere. Non è già ch'io non abbia ragioni da addurre per mia discolpa, non è nemmeno perché io mi vergogni di diffondermi in un sì frivolo argomento come sarebbe la mia propria giustificazione: giacché lasciando da parte questa miserabile applicazione, la questione generale è per sè vasta e importante. E questo appunto è il motivo per cui non posso rispondere al cortese censore; perché le ragioni son troppe. Ci bisognerebbe un libro: e il cortese censore sarà d'accordo con me che di libri uno per volta è sufficiente, quando non è troppo.
Basta all'autore che altri non creda avere egli scritto male per noncuranza di chi legge, per dispregio del bello e purgato scrivere, che sia di quelli che hanno per gloria lo scriver male. Per gloria! quand'anche ella fosse impresa difficile, tanti vi hanno sì ben riuscito, che poca gloria ne debbe toccare a ciascuno. Scrivo male: e si perdoni all'autore che egli parli di sè: è un privilegio delle prefazioni, un picciolo e troppo giusto sfogo concesso alla vanità di chi ha fatto un libro: scrivo male a mio dispetto; e se conoscessi il modo di scriver bene, non lascerei certo di porlo in opera. I doni dell'ingegno non si acquistano, come lo indica il nome stesso; ma tutto ciò che lo studio, che la diligenza possono dare, non istarebbe certamente per me ch'io non lo acquistassi.
Che cosa poi significhi scriver bene non credo che alcuno possa definirlo in poche parole, e per me, anche con moltissime non ne verrei a capo.
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