La riviera è tutta sparsa di case e di villaggi: altri alla riva del lago, anzi nel lago stesso quando le sue acque s'innalzano per le piogge, altri sui varj punti del pendio, fino al punto dove la montagna è nuda, perpendicolare, ed inabitabile.
Lecco è la principale di queste terre e dà il nome alla riviera: un grosso borgo a questi tempi, e che altre volte aveva l'onore di essere un discretamente forte castello, onore al quale andava unito il piacere di avervi una stabile guarnigione, ed un comandante, che all'epoca in cui accade la storia che siamo per narrare era spagnuolo. Dall'una all'altra di queste terre, dalle montagne al lago, da una montagna all'altra corrono molte stradicciuole ora erte, ora dolcemente pendenti, ora piane, chiuse per lo più da muri fatti di grossi ciottoloni, e coperti qua e là di antiche edere le quali, dopo aver colle barbe divorato il cemento, ficcano le barbe stesse fra un sasso e l'altro, e servono esse di cemento al muro che tutto nascondono. Di tempo in tempo invece di muri passano le anguste strade fra siepi nelle quali al pruno e al biancospino s'intreccia di tratto in tratto il melagrano, il gelsomino, il lilac e il filadelfo. Una di queste strade percorre tutta la riviera ora abbassandosi, ora tirando più verso il monte, ora in mezzo alle vigne, ed ora sulla linea che divide i colti dalle selve. Questa strada è talvolta seppellita fra due muri che superano la testa del passaggero, dimodoché egli non vede altro che il cielo e le vette dei monti: ma spesso lascia un libero campo alla vista la quale quasi ad ogni passo scopre nuovi ampi e bellissimi prospetti.
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