Un giorno mi trovò mentre io usciva e mi volle tirar in disparte, e si prese con me più libertà: io gli sfuggii, ed egli mi disse in collera: "ci vedremo": i suoi amici ridevano di lui, ed egli era ancor più arrabbiato. Allora io pensai di non andar più alla filanda, feci un po' di baruffa colla Marcellina, per avere un pretesto, e vi ricorderete mamma ch'io vi dissi che non ci andrei. Ma la filanda era sul finire per grazia di Dio, e per quei pochi giorni io stetti sempre in mezzo alle altre di modo ch'egli non mi potè cogliere. Ma la persecuzione non finì: colui, mi aspettava quando io andava al mercato, e vi ricorderete mamma ch'io vi dissi che aveva paura d'andar sola e non ci andai più: mi aspettava quand'io andava a lavare, ad ogni passo: io non dissi nulla, forse ho fatto male. Ma pregai tanto Fermo che affrettasse le nozze: pensava che quando sarei sua moglie colui non ardirebbe più tormentarmi; ed ora...» Qui le parole della povera Lucia furono tronche da un violento scoppio di pianto. «Birbone! assassino! dannato!» sclamava Fermo, correndo su e giù per la stanza, e mettendo di tratto in tratto la mano sul manico del suo coltello. «Ma perché non parlarne a tua madre?» disse Agnese: «se io l'avessi saputo prima...» Lucia non rispose perché la risposta che si sentiva in mente non era da dirsi a sua madre: tutto il vicinato ne sarebbe stato informato. I singulti di Lucia la dispensavano dall'obbligo di parlare. «Non ne hai tu fatto parola con nessuno?» ridimandò Agnese.
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