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      Per togliere questo abuso si erano fatte gride sopra gride, le quali proibivano che si portassero capelli lunghi, sotto pena... e discendendo al particolare ordinavano al barbiere come dovesse tosare uno, intimando a chi lasciasse capelli più lunghi dell'ordinario la pena di 100 scudi, o tre tratti di corda colla solita estensione di pena maggiore all'arbitrio di S.E. Quale effetto producessero queste gride è manifesto dalle diverse date di quelle.
      La grida si ristampava di tempo in tempo coll'avvertenza che ciò era necessario perché fino allora non aveva giovato a nulla: e come nella medicina, si cresceva la dose. Il ciuffo era dunque come un'insegna di bravo, e di scapestrato. Da questa foggia è nato un termine metaforico tuttavia in uso nel dialetto milanese: e non vi sarà forse alcuno, dei miei lettori milanesi che non si ricordi di aver sentito, nella sua adolescenza, alcuno de' suoi parenti, o il maestro del collegio, o il servo che lo conduceva a scuola, o la fante dare di lui questo giudizio: gli è un ciuffo: gli è un ciuffetto. Prego il lettore di perdonarmi questa digressione e come necessaria, e in grazia della condizione che gli ho data, e ripiglio il dialogo.
      «In verità, da povero figliuolo», rispose Fermo, «ch'io non ho mai portato ciuffo in vita mia».
      «Non facciamo niente» riprese il dottore, scotendo il capo, con un sorriso tra maligno e impaziente: «se non avete fede in me, non facciamo niente. Chi dice bugia al dottore, vedete figliuolo, è uno sciocco che dirà la verità al giudice.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





Fermo