Onde, con modesta, ma assoluta franchezza, rispose:
«Signor Don Rodrigo il mio sacro ministero mi obbliga a passare un officio con Vossignoria. Io desidero ardentemente che nessuna mia parola possa spiacerle: e per antivenire ad ogni disgusto debbo assicurarla che in tutto quello ch'io sono per dire io ho di mira il bene di lei, quanto quello di qualunque altra persona».
Don Rodrigo non rispose che allungando il volto, stringendo le labbra, aggrottando le ciglia, e dando ai suoi occhi una espressione ancor più minacciosa e sprezzante. Il Padre fece le viste di non avvedersene, e continuò, con qualche esitazione, perché le parole ch'egli stava per proferire non esprimevano veramente quello ch'egli sentiva:
«Qualche tristi hanno abusato del nome di Vossignoria illustrissima per minacciare un parroco, ed atterrirlo dal fare il debito suo, e sopraffare indegnamente due poveri innocenti. Vossignoria può con una parola confondere questi ribaldi, disingannare quelli che potessero aver dato fede alle loro parole, e sollevare quelli che ne patiscono. Lo può, e ardisco dirle, lo deve. La sua coscienza, la sua sicurezza, il suo onore sono interessati in questo sciagurato affare».
«Della mia coscienza, padre, non mi si deve parlare che per rispondermi quando mi piaccia di parlarne; la mia sicurezza... ma non posso credere ch'ella abbia avuta l'intenzione ardita di farmi una minaccia; e suppongo che questa parola le sia sfuggita senza riflessione. Quanto al mio onore, io potrei esser grato a chi ne sente premura in cuor suo, ma sappia che ne ho la cura io, e che chiunque osa prendersi questa cura per me, io lo riguardo come colui che lo offende».
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