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      Persuadete Lucia». Così detto sparì.
      Non ci voleva meno di queste parole perché Agnese perdonasse a Fermo di farle aspettare una confidenza e di intraprendere qualche cosa senza il suo consiglio.
      «Ragazzo!» diss'ella quando fu partito «purché non me ne faccia una e non mi guasti tutto. Basta: mi ha promesso di non far nulla senza la mia licenza».
      Necessità, come si dice, assottiglia l'ingegno: e Fermo il quale nel sentiero retto e facile di vita che aveva percorso fin allora non aveva mai avuto occasione di far molto uso della sua penetrazione, ne pensò in questo caso una, che avrebbe fatto onore ad un giurisperito. Corse alla casetta di Tonio, la quale era nel villaggio dove risiedeva il parroco, a forse trecento passi di distanza dalla abitazione di Lucia. Quando Fermo entrò nella cucina, la moglie, la vecchia madre di Tonio stavano sedute alla mensa, e tre o quattro figli ritti intorno aspettando il desinare che Tonio stava cucinando. Ma non si vedeva sui volti quell'allegria che ordinariamente anche i poverelli mostrano in quel momento: la carestia aveva costretti i poverelli ad una sobrietà ancor più rigida che per l'ordinario, e tutti cogli occhi fissi sulla pentola nella quale Tonio tramestava accidiosamente una bigia polenta di fraina (o se volete di poligonum fagopyrum ) pareva che invece di rallegrarsi della vista del desinare pensassero tristamente a quella buona parte di appetito che rimarrebbe intatta dopo sparecchiato. In quel momento Tonio riversò la polenta sulla tafferia di faggio che stava appronta a riceverla, e il largo orlo che rimase vuoto all'intorno fece ancor più chiaramente risaltare la povertà del convito.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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