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«Non ha detto nemmen questo. Piacesse a Dio che per commettere l'iniquità gli uomini fossero costretti di confessarla apertamente; l'iniquità trionferebbe meno sulla terra».
«Ma che parole ha dette quel tizzone d'inferno?»
«Io le ho intese, Fermo, e non te le saprei ripetere. Dimmi, se tu dopo un lungo giro uscissi da un sentiero intricato, pieno di oscurità e di spini, sapresti tu descrivere la via che hai percorsa? noverare i tuoi passi, segnare le giravolte e gl'inciampi? Povero Fermo! Le parole della iniquità potente sono come il lampo che abbaglia e fa terrore, e non lascia vestigio. Essa può minacciarti di vendetta perché tu abbi sospetto di lei, e nello stesso tempo farti intendere che il tuo sospetto è certezza: può dirti: guai a te se non mi comprendi, guai a te se mostri di comprendermi: può insultare, e mostrarsi offesa, schernire e chieder ragione, atterrire e lagnarsi, essere impudente e irreprensibile. Non cercar più altro. Colui non ha proferito il nome di questa innocente, né il tuo, non ha mostrato di sapere che voi viviate, non ha detto di voler nulla; ma... pur troppo quello che voi mi avete rivelato, quello che io non avrei voluto credere, è vero. Mah! confidenza in Dio come v'ho detto: questa è l'ora dell'uomo, ma va passando. Voi, poverette, non vi perdete d'animo, e tu, mio Fermo... oh! credi ch'io so pormi ne' tuoi panni, ch'io sento quello che passa nel tuo cuore... ma abbi pazienza: io so che questa parola è amara: ma è la sola che ti possa dire un uomo che non sia tuo nemico.
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Dio Fermo Fermo Dio Fermo
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