Dio stesso, che è onnipotente, non te ne vuol dir altra, per ora. Io parto, e vi lascio nelle mani di Dio... Oh il sole è caduto e arriverò tardi: ma poco importa. Fatevi animo: Dio mi ha già dato un segno di volervi ajutare. Domani non ci vedremo: io rimango al convento; ma per voi. Mandate, Lucia, un garzoncello fidato, che giri vicino al convento, alla Chiesa, e pel quale io possa farvi sapere quello che occorrerà: io sarò avvertito, e vi farò avvertite: avremo dei mezzi che colui non sospetta, che finora non conosco nemmeno io: in Milano ho qualche protezione, e la vedremo. Sento una voce che mi dice che tutto finirà presto e bene. Fede, coraggio, e buona sera». Detto questo s'avviava frettolosamente, quando udì Fermo dire, mormorare con voce contenuta dal rispetto, e velata dalla collera, ma intelligibilmente: «la finirò io». La faccia e l'atteggiamento di Fermo non lasciava dubbio sul senso di queste parole.
«Misericordia!» sclamò Agnese. Lucia si volse supplichevolmente al Padre Cristoforo, come se volesse dire: - ammansatelo -.
«Tu la finirai!» disse rivolgendosi il Padre Cristoforo, ed appostandosi sulla porta: «no Fermo, tu non sei da tanto: non tocca a te. Dio solo può finirla, e guai a te se tu ardisci di prevenire il suo giudizio».
«Nasca quel che può nascere, ad ogni modo la voglio finire. Sì la voglio finire. È di carne finalmente lo scellerato».
«Fermo, in nome di Dio», disse Lucia.
«Dio! Dio!» disse Agnese. «Voi perdete la testa: non sapete quante braccia egli ha ai suoi comandi? e quand'anche.
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