In oltre il Padre Cristoforo, senza fare il dottore, senza disputare, dava però a divedere chiaramente di non approvare alcuni tratti della condotta e della politica dei suoi confratelli e del suo capo, e più d'una volta aveva ricusato di operare di concerto con gli altri; biasimandoli così indirettamente, ma chiaramente: dal che veniva che i frati e il guardiano avevano per lui più rispetto che amore. E il rispetto veniva in parte anche dalla fama di santo che il padre Cristoforo aveva al di fuori; e che apportava al convento onore e limosine. Non è quindi da stupirsi se il guardiano si dilettasse nel vedersi davanti balordo quel padre Cristoforo, e gustasse a lenti sorsi l'umiliazione di lui, e il sentimento della propria autorità.
«È questa l'ora», diss'egli gravemente, «di ritornare al convento?»
«Padre, confesso che dovrei esser rientrato da molto tempo».
«E perché vi siete dunque tanto indugiato? perché avete violata una regola che conoscete così bene?»
«Fui trattenuto da un'opera di misericordia».
Il guardiano sapeva che il reo era incapace di mentire; e vide tosto che se avesse voluto andar più ricercando, avrebbe facilmente fatto rivelare al padre Cristoforo cose che tornerebbero in suo onore: onde gli parve meglio fargli una ammonizione generale sul fallo di cui si era riconosciuto colpevole. Gli disse che preporre le opere volontarie di misericordia all'obbedienza era segno di orgoglio, e di amore alla propria volontà: che non era bene quel bene che non è fatto secondo le regole: che bisogna prima fare il dovere, e poi attendere alle opere di surerogazione; e altre cose di questo genere.
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Padre Cristoforo Cristoforo Cristoforo Cristoforo
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