Il Conte ruppe il silenzio, dicendo con aria maligna:
«Cugino, quando pagate questa scommessa?»
«Il giorno di San Martino non è venuto».
«Bene; ma tanto fa che la paghiate ora; perché passeranno tutti i santi del paradiso prima che...»
«Questo è quello che si ha da vedere».
«Cugino, voi volete nascondervi da me: ma io ho capito tutto, e tanto son certo di aver vinta la scommessa, che son pronto a farne un'altra».
«Che?...»
«Che il Padre..., il padre... che so io? quel frate insomma vi ha convertito».
«Questa pensata è veramente una delle vostre».
«Convertito, cugino, convertito, vi dico. Io per me ne godo: sapete che bella cosa sarebbe vedervi tutto compunto e cogli occhi bassi. E che gloria per quel padre! Come sarà tornato a casa pettoruto! Non son mica pesci che si pigliano ogni giorno e con ogni rete. Siate certo che vi citerà per esempio; e quando andrà a far qualche missione un po' lontano, parlerà dei fatti vostri. Mi par di sentirlo con quella voce nel naso, predicare a questo modo: - In una parte di questo mondo, che per degni rispetti non nomino, viveva, uditori carissimi, un cavaliere dissoluto, amico più delle femine che dei servi di Dio, il quale avvezzo a far d'ogni erba fascio...»
«Basta basta», interruppe Don Rodrigo mezzo sogghignando, e mezzo arrovellato. «Se volete raddoppiar la scommessa, io son pronto».
«Diavolo! che aveste voi convertito il padre!»
«Non mi parlate di colui: e quanto alla scommessa, aspettate san Martino».
La curiosità del Conte era stuzzicata; egli non fece risparmio d'inchieste, ma Don Rodrigo le deluse tutte, rimettendosi sempre al giorno della prova, e non si arrischiando di comunicare al suo avversario disegni che non erano ancora né incamminati, né assolutamente risoluti.
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