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      Egli dice in un passo del suo racconto che Lucia giunse ad un borgo nobile e antico al quale di città non mancava che il nome; altrove parla del Lambro che vi scorre: altrove ancora dice che v'era un arciprete: con queste indicazioni non v'ha in Europa uomo che sappia leggere e scrivere, il quale tosto non esclami: Monza.
      La madre e la figlia si trovavano dunque, dopo la partenza di Fermo, solette in una osteria di Monza, senza alcuna pratica del paese, senza alcuna conoscenza, non avendo in così alto mare altra bussola che la lettera del Padre Cristoforo. La lettera era diretta al Padre Guardiano dei Cappuccini. Agnese chiese conto del convento alla moglie dell'albergatore; la quale non lo diede che dopo aver tentata ogni via per avere un pagamento anticipato di un così picciol servizio, in tante informazioni, sul nome e sulla qualità delle donne, sui motivi del loro viaggio, sugli affari che potevano avere col Padre Guardiano. Ma le donne, alle quali era stato dal loro protettore raccomandata la discrezione, seppero ingannare le ricerche della ostessa, la quale fu obbligata di insegnar loro gratuitamente la via del convento. Si mossero quindi tosto benché dovessero risentirsi del travaglio della notte e del giorno antecedente: la lepre cacciata non sente la stanchezza che quando ha trovato un ricovero.
      Agnese a cui l'aspetto di Monza non era nuovo perché v'era passata molti anni addietro, né imponente perché aveva soggiornato a Milano, camminava francamente guidando e incoraggiando Lucia, la quale andava rasente il muro tutta sospettosa.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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