La Signora curvò leggermente il capo verso il padre guardiano, fece alle donne cenno della mano che bastava, e ch'ella gradiva i loro complimenti, fece a tutti cenno di sedersi, sedette e sempre rivolta al padre, rispose: «Ho appreso dai miei antenati a non negare la mia protezione a chiunque la meriti: io non ho da essi ereditato che il nome; e son lieta che anche questo possa almeno essere buono a qualche cosa. È una buona ventura per me il potere render servizio a' nostri buoni amici i padri cappuccini». Queste parole furono accompagnate da un sorriso che ad altri avrebbe potuto parere di compiacenza, ad altri di scherno. Il Padre guardiano si faceva a render grazie, ma la Signora lo interruppe: «Non mica complimenti, padre guardiano; i servigj fatti agli amici hanno con sè il loro guiderdone; e del resto ad ogni evento io non dubiterei di far conto sul ricambio dei nostri buoni padri. Il mondo è pieno di tristi e d'invidiosi: e nessuno può assicurarsi che non venga un momento in cui possa aver bisogno di una buona testimonianza, e d'ajuto».
Il guardiano rispose premurosamente con una frase di gesti: la prima parte della quale significava che la Signora non avrebbe mai bisogno di nessuno, e la seconda che i padri avrebbero tenuta a guadagno ogni occasione di far cosa grata alla Signora. Questa proseguì: «Ma via; mi dica un po' più particolarmente il caso di questa giovane, e così si vedrà meglio che si possa fare per essa».
Lucia arrossò tutta, e chinò la faccia sul seno. «Deve sapere, reverenda madre», cominciò Agnese, «che questa mia povera figliuola, perché io sono sua madre.
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Padre Agnese
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