..»
Il guardiano le gittò un'occhiata e interruppe.
«Questa giovane, signora illustrissima, mi è raccomandata da un mio confratello: essa ha bisogno per qualche tempo di un asilo nel quale possa stare sconosciuta, o nel quale nessuno ardisca toccarla; e questo per sottrarsi a dei gravi pericoli».
«Pericoli!» disse la Signora. «Quali pericoli? di grazia, padre guardiano. Mi dica la cosa per minuto: ella sa che noi altre monache siamo vaghe d'intendere storie».
«Sono», rispose il padre, «pericoli dei quali la reverenda madre, non conosce nemmeno il nome, beata lei! e parlarne più distintamente sarebbe offendere le purissime vostre orecchie, e contristare l'illibatezza dei vostri pensieri, signora illustrissima».
«Oh! certamente!» rispose precipitosamente la signora, senza molto badare all'aggiustatezza della risposta; e si fece tutta di porpora. Era verecondia? Chi avesse osservata una subitanea ma viva espressione di scherno e di dispetto che accompagnò quel rossore avrebbe potuto dubitarne; e tanto più se lo avesse paragonato con quello che di tratto in tratto saliva sulle guance di Lucia.
La Signora si alzò in fretta, come per avvicinarsi più alle donne, e stava per rivolgere il discorso a Lucia, quando il guardiano, tenendo di non aver mal detto, ripigliò così il discorso: «Non tutti i grandi del mondo, si servono dei doni di Dio a gloria di lui, e a vantaggio del prossimo, come fa la Signora illustrissima. Un cavaliere prepotente e senza timor di Dio, ha tentato ogni via, giacché deggio pur dirlo, per insidiare la castità di questa creatura, e dopo d'aver veduto che i mezzi di lusinga gli andavano falliti, non temè di ricorrere alla forza aperta, tentando.
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