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      Bambole vestite da monaca furono i primi balocchi che le furono posti fra le mani; e il padre, facendola saltare talvolta sulle ginocchia la chiamava per vezzo: madre badessa. A misura ch'ella si avanzava nella puerizia, le sue forme si svolgevano in modo che prometteva una avvenenza non comune agli anni della giovanezza, e nello stesso tempo ne' suoi modi e nelle sue parole si manifestava molta vivacità, una grande avversione all'obbedienza, e una grande inclinazione al comando, un vivo trasporto pei piaceri e pel fasto. Di tutte queste disposizioni il padre favoriva quelle soltanto che venivano dall'orgoglio, perché come abbiam detto lo considerava come una virtù della sua condizione; egli era superbo della sua figlia come era superbo di tutto ciò che gli apparteneva, e lodava in essa gli alti spiriti, la dignità, il sussiego, qualità tutte che manifestavano un'anima nata a governare qualunque monastero. Della bellezza né egli, né la madre, né un fratello destinato a mantenere il decoro della famiglia, non parlavano mai; e la Signora ne fu informata dalle donzelle, alle quali prestò fede immediatamente. Benché la condizione alla quale il padre l'aveva destinata fosse conosciuta da tutta la famiglia, e da tutti approvata, nessuno le disse però mai: - tu devi esser monaca -. Era questa come una idea innata; e quando veniva il caso di parlare dei destini futuri della fanciulla, questa idea si dava per sottintesa. Accadde per esempio che alcuno della casa correggendola di qualche aria d'impero troppo oltracotante, gli diceva: «tu sei una ragazzina, questi modi non ti convengono; quando sarai la madre badessa, allora comanderai, farai alto e basso». Talvolta il padre le diceva: «tu non sarai una monaca come le altre: perché il sangue si porta da per tutto dove si va»; e simili discorsi nei quali la Signora apprendeva implicitamente ch'ella aveva ad esser monaca.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802