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      » Questa vista le risvegliò in cuore tutta l'avversione al chiostro, l'orrore per la violenza che l'era fatta, e con questi sentimenti un lampo di coraggio. E già ella stava cercando una risposta diversa da quella che si aspettava da lei, cosa troppo difficile a trovarsi in quella circostanza. Alzò un momento gli occhi verso il padre che le stava di fianco, per indovinare che effetto avrebbe prodotto la sua resistenza, e come per esperimentare le proprie forze, ma vide negli sguardi del Marchese una espressione sì minacciosa, che tutto il suo coraggio svanì. Pensò che la resistenza, che il ritardo, l'avrebbero resa innanzi a tanti occhi un oggetto di scandalo, di stupore, e di derisione, pensò al padre, al fratello, al mondo, al paggio; si consolò riflettendo che dopo quella formalità le rimaneva ancora una porta aperta per tornare indietro, che poteva guadagnar tempo, e che avrebbe saputo approfittarne; e il partito il più facile, il più sicuro, il meno terribile in quel momento le parve di dire, come fece: «Son qui a domandare d'essere ammessa a vestir l'abito». Nel breve momento d'indugio ch'ella aveva posto a finir la sua frase un silenzio solenne aveva regnato fra gli astanti: le parole di Geltrude furono seguite da una acclamazione generale. Chetato il tumulto, la badessa tutta sorridente, porse a memoria questa risposta che le era stata data in iscritto da un bell'ingegno di Monza, uomo dotto che aveva letti i celebri romanzi del Pasta: «Se il rispetto non ponesse un freno agli affetti, io accuserei in questa circostanza di troppo rigore quelle regole sapientissime che ci proibiscono di dare alcuna risposta a domande di questa natura prima di averne ottenuta la licenza.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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