«Orsù, Geltrude», diss'egli; «finora voi vi siete diportata da angelo: ora si tratta di coronar l'opera. Oggi voi dovete fare un gran passo; pensate che da esso dipende l'onore di vostro padre, della famiglia, il vostro, e il vostro destino di tutta la vita. Tutto quello che si è fatto finora, si è fatto di vostro consenso, anzi a vostra richiesta. Se in tutto questo frattempo vi fosse nato qualche pentimento, qualche dubbio, avreste dovuto manifestarlo; ma ora, voi ben vedete che non è più tempo di far ragazzate. Io mi sono impegnato, in faccia al mondo, e mi sono impegnato perché voi mi avete dato motivo di credere, di esser certo che poteva impegnarmi senza rischio di avere una smentita. Ricordatevi che la più picciola esitazione che voi potreste mostrare oggi, mi porrebbe nella necessità di scegliere fra due partiti dolorosi: o di rinunziare alla mia riputazione, lasciando credere che io ho presa leggermente una leggerezza vostra per una ferma risoluzione, che ho fatte tante pubblicità senza riflessione... che so io... che ho preteso far violenza alla vostra vocazione... o di svelare i veri motivi della richiesta che voi avete fatta, e del vostro pentimento. Il primo partito non può assolutamente stare con ciò che debbo a me e alla casa. Astretto di appigliarmi al secondo, dovrei anche poi trattarvi come una figlia colpevole, che avrebbe corrisposto al primo perdono con un'altra gravissima colpa...»
Il tuono solenne e misterioso con cui il Marchese aveva cominciato il suo discorso aveva già messa in apprensione Geltrude: e nella angoscia dell'aspettazione i tratti del suo volto erano immobili, tesi, ravvolti come le foglie d'un fiore nell'afa che precede la burasca: ma la gragnuola assidua e crescente di quelle parole minacciose percotendola, la abbattè affatto, e la fè sciogliere in uno scoppio di pianto.
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Geltrude Marchese Geltrude
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