Occultata la vittima, egli uscì di notte fitta, accompagnato da alcuni suoi scherani, come soleva non di rado per qualche spedizione. Gli dispose in un luogo distante da quello a cui aveva disegnato di portarsi, e gli lasciò come a guardia, lasciando loro credere che andasse ad una delle sue solite avventure. Quindi per lunghi circuiti si condusse ad un campo disabitato col quale confinava l'orto del monastero, e ne era diviso dal muro. Ivi, dopo d'aver ben guardato intorno se nessuno vi fosse, si trasse di sotto il mantello gli stromenti da smurare che aveva portati nascosti con le armi; e pian piano in una parte del muro già intaccata dal tempo, e ch'egli aveva fissata di giorno, aperse un pertugio, tanto che una persona potesse passarvi. Riprese i suoi ferri, si ravvolse nel mantello, e camminando non senza terrore minacciato com'era da più d'un nemico, raggiunse i suoi scherani; si mostrò ad essi lieto, s'avviò con essi, gittò per via qualche motto misterioso di altre avventure, e tornò alla sua casa. Il mattino vegnente una suora mancò; si corse alla sua cella; non v'era; le monache si sparpagliarono a ricercarla; ed una che andava per frugare nell'orto, vide da lontano... - Possibile? un pertugio nel muro. - Chiamò le compagne a tutta voce: si corse al pertugio; «è fuggita; è fuggita». La badessa venne al romore: lo spavento fu grande; la cosa non poteva nascondersi; la badessa ordinò tosto che il pertugio fosse guardato dall'ortolano, che si mandasse per muratori, onde chiuderlo, e che si spedisse gente per raggiungere la sfuggita.
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