«Ora», disse la Signora, «parlate con libertà. Qui non c'è né madre né padre; e ditemi il vero, perché le bugie che mi potreste dire, le ravviserei tosto come una antica conoscenza: non temete di nulla: qualunque sia il vostro caso, io vi proteggerò, purché siate sincera con me». Lucia pose la picciola destra sul cuore, e con quell'accento che toglie ogni dubbio, rispose: «Signora, la verità è quello che ha detto mia madre, e che ha scritto il padre Cristoforo: io non ho mai giurato finora, ma se Ella, reverenda signora vuole ch'io giuri in questa occasione, io son pronta a farlo».
«Non dite più, che vi credo», rispose la Signora. «Ma contatemi dunque tutta questa storia». E qui cominciò ad affogare Lucia d'inchieste, volendo sapere tutti i particolari della persecuzione di Don Rodrigo, e delle relazioni di Lucia con Fermo.
Questa curiosità era come ognuno può figurarselo assai molesta alla povera Lucia. All'istinto del pudore ed alla ripugnanza naturale di parlare di se stessa su questa materia, si aggiungeva il timore anche di dire qualche cosa di sconvenevole in presenza della reverenda madre. Lucia che aveva parlato con un uomo, e che gli aveva dato promessa di sposarlo, che aveva tentato un matrimonio clandestino si riguardava come una donna esperta e più forse che non conveniva, nelle cose del mondo, come una scaltritaccia al paragone di una monaca, velata, rinchiusa, separata dal consorzio degli uomini, e pigliava le inchieste della Signora a un di presso come si fa a quelle talvolta indiscretissime dei ragazzi, dalle quali uno si sbriga alla meglio, cercando di non rispondere direttamente e di mandare in pace l'interrogante.
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