«Ma quel signore», riprese la monaca, «era egli di stucco? non la sapeva far rispettare? lasciava la briglia sul collo a quei tangheri?»
«Fortunata lei», rispose Lucia, «che non sa come vanno queste cose. Il signore dopo qualche tempo non si curò più di quella meschina; e si venne a sapere che un giorno ch'ella si lagnava con lui d'essere disprezzata, egli le rispose: - si provino un po' a farvi qualche sgarbo in mia presenza, e vedranno -. Tutto quello che la poverina doveva patire fuori della sua presenza, non era niente. Ma tutto questo non bastava a disingannarla: soffriva, ma non sapeva staccarsi da colui. Finalmente bisognò che fossi tormentata io per farle conoscere il suo stato. Quando costui, sfacciato!... cominciò a pormi gli occhi addosso, allora...»
«È un vile birbante», interruppe la signora, «avete ragione: avete fatto bene a voltargli le spalle, e io vi proteggerò».
«Dio gliene renda il merito. Le diceva ben io che se avesse saputo...»
«Sì sì, è un birbante: son tutti così costoro. Date loro retta sul principio: voi, voi sola siete la loro vita: che cosa sono le altre? nulla; voi siete la sola donna di questo mondo, e poi;... Fortunata voi che potete sbrigarvene. Vi avrebbe voluta vedere amica di Bettina... amica! e sprezzarvi tutte e due; e vi so dire io come vi avrebbe trattate; peggio che da serve. Se aveste fatto il primo passo...»
Lucia teneva gli occhi sbarrati addosso alla signora, come stupefatta ch'ella ne sapesse tanto addentro. Geltrude rinvenne e s'avvide che questo suo modo di disapprovare il seduttore non era più conveniente alla sua condizione di quello che fosse stato quel primo compatimento, e che invece di togliere il sospetto o almeno lo stupore che quello poteva aver fatto nascere, lo avrebbe accresciuto, e si ripigliò dicendo:
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Lucia Bettina
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