Venne il podestà, e il dottore; si stette allegri, si parlò ancora della marcia delle truppe, e della carestia: ma degli affari del paese, della campana a martello, della fuga, né una parola. Soltanto Don Rodrigo accennò indirettamente questa faccenda nel modo il più gentile ed ingegnoso, come si vedrà. Fece egli in modo che il podestà lodasse particolarmente il vino della tavola: cosa non difficile ad ottenersi, perché il vino era buono, e il podestà conoscitore. Allora Don Rodrigo: «Oh, signor podestà, giacché ho la buona sorte di posseder cosa di suo aggradimento mi permetterà...»
«Non mai, non mai, Signor Don Rodrigo, se avessi saputo ch'ella sarebbe venuta a questi termini, avrei dissimulata la mia ammirazione per questo incomparabile...»
«Bene bene, signor Podestà, ella non mi farà il torto...»
«Don Rodrigo conosce la stima...»
Il Conte Attilio interruppe la gara, la quale era già realmente composta: Don Rodrigo parlò all'orecchio ad un servo, e il podestà tornando poi a casa, trovò sei tarchiati contadini che erano venuti a deporre nella sua cantina le grazie di Don Rodrigo.
Dato l'ordine segreto, Don Rodrigo ritornò al discorso incominciato, benché sembrasse mutarlo affatto, e passare dal vino all'economia politica; ma chi appena osservi la serie delle sue idee, scorgerà il filo recondito che le tiene.
«Che dice», continuò adunque Don Rodrigo, «che dice il signor podestà di questo spatriare che fanno i nostri operaj?»
«Che vuole ch'io le dica?» rispose il podestà: «è cosa da non potersi comprendere.
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