Ma stretti i patti, colui che non gli avesse ben fedelmente serbati con lui, doveva esser bene in alto per tenersi sicuro dalla sua vendetta.
Don Rodrigo conosceva il Conte non solo di fama (chi non lo conosceva di fama?) ma di persona, per essersi talvolta avvenuto in lui. In tutti questi incontri Don Rodrigo sentendo la sua inferiorità, aveva deposto ogni orgoglio e aveva cercato con molte espressioni di rispetto di porsi in grazia al Conte; non ch'egli pensasse allora che un giorno avrebbe cercato il suo ajuto, ma soltanto per non farsi un tale nemico.
Confermato nel suo perverso proposto di attingere la innocente Lucia, e convinto che le sue mani non erano abbastanza lunghe, si risolvette Don Rodrigo di andare in cerca di chi volesse prestargli le sue; fatta questa risoluzione, non v'era da titubare sulla scelta del personaggio, perché il Conte era appunto per lui quel che il diavolo fece.
CAPITOLO VIII
Il mattino vegnente, senza por tempo in mezzo, Don Rodrigo a cavallo, in abito da caccia, col fedel Griso che camminava a fianco del palafreno, e con una quadriglia di bravi, si mosse verso il castello del Conte, come altre volte Giunone verso la caverna di Eolo; se non che la Dea pagava in Ninfe l'opera buona del re dei venti, e Don Rodrigo sapeva bene che avrebbe dovuto recarla a Doppie. La via era di cinque miglia all'incirca; e Don Rodrigo la faceva lentamente, e per dare agio alla scorta pedestre di seguirlo; e perché il cammino quasi tutto montuoso e disuguale e sassoso anche dov'era piano obbligava il ronzino ad andare di passo, e a cercare il luogo dove posare la zampa con sicurezza.
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