«Oh il bel sollievo per me!»
«Vedete se v'è qualche altro nostro padre che possa tenervi luogo di lui, rendervi qualche servizio, nominatelo, e lo andrò a chiamare».
«Oh Santa Maria!» rispose Agnese con quella riconoscenza mista di stizza che fa nascere una offerta dove si trovi più di buona volontà che di convenienza: «chi ho da far chiamare, se non conosco nessuno: quegli sapeva tutti i fatti miei, mi dava tutti i pareri, aveva amore per noi poveretti».
«Dunque abbiate pazienza», rispose di nuovo il frate, disponendosi ancora a partire.
«...Ma, ma...» domandò ancora Agnese, «quando sarà di ritorno?... così a un dipresso?»
«Mah!» rispose il frate. «Quando avrà terminato il quaresimale, cioè a Pasqua, aspetterà un'altra obbedienza per sapere se deve restar là dove è andato, o tornar qui, o portarsi ad un altro luogo dove comanderanno i superiori: perché, vedete, noi abbiamo conventi in tutte le quattro parti del mondo».
«Oh la bella storia!» sclamò Agnese.
«Questo è quello che vi posso dire», rispose il frate, chiudendo questa volta la porta sul volto ad Agnese, la quale dopo esser rimasta ivi un qualche tempo come smemorata, riprese tristamente la via della sua casa, pensando come potrebbe riparare una tanta perdita e arzigogolando i motivi di una sì subitanea disparizione, senza poter mai venire ad una congettura un po' soddisfacente.
Non così il lettore, il quale quando voglia continuare la sua lettura, troverà qui tosto la spiegazione di tutto il mistero. Il Conte Attilio, tornato a Milano, s'era tosto portato ad inchinare il conte suo Zio del consiglio segreto.
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