23 Agosto 1651, ed altre. Ma i modi di nuocere non erano quegli soli che le grida prescrivevano, e la inimicizia di un uomo, e di una famiglia potente era un semenzaio di pericoli, d'incertezze, e di disturbi. Il Provinciale si trovò dunque d'accordo col Conte nel desiderio di sopir l'affare; non si trattava più che del modo di farlo, con la convenienza delle due parti. E siccome la cosa non aveva fatto grande scandalo, e si trattava più d'antivenire che di riparare, così la cosa non era difficile. Dopo che i due sorboni ebbero ancora molto interrogato, poco risposto, mercanteggiato, e giuocato di scherma, il Padre Provinciale disse al Conte che per considerazione della persona di Lui, per amor della pace egli trasmuterebbe il Padre Cristoforo di quel convento in un altro lontano, con la condizione che nessuno si vantasse di questo come d'una vittoria: e il Conte lo promise; l'affare fu conchiuso, e i due contraenti si separarono contenti l'uno dell'altro, e ognun d'essi di se medesimo.
Gran cura ponevano quei vecchj pensatori in un negozio, di gran parole spendevano, ci pensavano assai, andavano per le lunghe, v'impiegavano il tempo conveniente; ma bisogna anche confessare che facevano poi cose grandi. In fatti questo abboccamento produsse l'effetto di fare trottare il nostro povero Padre Cristoforo da Pescarenico a Palermo, che è un bel passeggio.
Fu dunque spedita al Guardiano l'obbedienza da intimarsi al Padre Cristoforo, e con l'obbedienza l'ordine di farlo tosto partire, la direzione della strada da farsi per non toccare Milano, e l'avviso di dargli un compagno nella missione, che nello stesso tempo osservasse tutte le sue azioni.
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