Voi sapete far tante cose! Non sarete più contento, quando mi vedrete tranquilla?»
«Ma sono queste cose da pensare, e da dire?» rispose Egidio. «È un affare finito, che non dà più impaccio, e volerne andare a cercare uno di questa sorta? perché? per una pazzia? Che volete ch'io faccia? Ch'io desti il cane addormentato? Senza una ragione al mondo? come l'ho da portare? dove?»
«Scendete una notte solo», disse Geltrude, «già voi non avete paura, - fortunati gli uomini! - prendetela portatela al fiume, gittatela in un pozzo abbandonato...»
«Bel divertimento! bella festa invero!» disse Egidio con un sorriso di rabbia e di scherno «bella commissione che mi date! Pazzie! E tutto per tirar fuori quello che è ben nascosto! Savio disegno! Sapete voi dirmi un luogo dove possa star più nascosta che ora non è?»
«È vero», disse Geltrude, «gran cosa che non si sappia che fare d'un morto!»
«Che farne?» rispose Egidio, «niente: sta bene dov'è. Dimenticatela, pensate quello che pensano tutte le vostre suore: è andata alle Indie su una nave olandese, e pensa a vivere allegramente; lo credono tutti...»
«Ma non è vero», rispose Geltrude.
«Che fa questo?» disse bruscamente Egidio.
«Fa tutto», replicò tristamente Geltrude; e proseguì: «anch'io prima... credeva che purché lo sapessimo noi soli, la cosa sarebbe come se non fosse avvenuta, ma ora...»
«Ora è tempo di finirla», interruppe sempre aspramente Egidio.
«Oh ecco come son trattata!» disse con accoramento Geltrude; «mi strapazzate perché patisco; siete voi quello che mi strapazzate, voi.
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