Siccome egli non vi pone alcuna data, così non possiam dire di quanto sieno posteriori alle cose già da noi narrate.
La condotta, il linguaggio, l'aspetto abituale delle tre sciagurate suore, le loro stesse precauzioni, per distornare i sospetti, ne fecero, com'era naturale, nascere dei nuovi, che dopo d'aver serpeggiato nel monastero, si diffusero al di fuori. Due vicini di quello che ebbero la sciagura di ricevere qualche prima confidenza di quei sospetti, un fabbro ed uno speziale, accennarono copertamente in qualche discorso, che in un monastero del paese accadevano cose orrende e turpi: l'uno e l'altro furono trovati uccisi. Un terrore misterioso invase tutti gli animi nel monastero e fuori; ai susurri che già cominciavano a farsi sentire nelle brigate, successe un silenzio cupo e significante, e nelle relazioni più intime, gli sguardi, i cenni, le parole sospese esprimevano o accennavano un sospetto e uno spavento comune. Questi romori così vaghi e generali com'erano, furono riferiti al cardinale Federigo Borromeo arcivescovo di Milano. Egli dolente e turbato d'essere così tardi avvertito, si portò a Monza sotto colore d'una visita generale, e venne a colloquio colla Signora, per esplorare dalle sue parole lo stato dell'animo suo; e ne uscì con più grave e più fondato sospetto. D'allora in poi, la Signora, irritata dai sospetti che vedeva starle sopra, agitata dalle certezze della coscienza; esaltata per così dire dal suo stesso turbamento, perdè tutta la prudenza della colpa, le sue azioni divennero affatto indisciplinate, i suoi discorsi strani, furiosi, inverecondi.
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Federigo Borromeo Milano Monza
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