«Un momento», disse colui che le aveva già parlato, ritenendola dolcemente: «noi siamo ben impacciati in queste strade dell'altro mondo: non potreste voi farci la cortesia di salire in carrozza con noi, e d'insegnarci la strada fino a Monza?»
«Signori miei», disse Lucia arrossando, e maravigliandosi della proposta, «io ho fretta d'andare pei fatti miei; vadano per di qua, e non possono fallire». «Voi siete bene schifa», rispose il malandrino, e mentre egli proferiva queste poche parole, l'altro che era nella via, afferrò d'improvviso Lucia pei fianchi, la sollevò, e con l'ajuto del compagno la pose a forza nella carrozza, dove fu tosto presa, ritenuta, posta a sedere da due che vi erano: il malandrino che aveva parlato la seguì, l'altro chiuse lo sportello, e il cocchiere sferzò i cavalli, e la carrozza partì di galoppo. Lucia al sentirsi presa levò un grido, lo raddoppiò quando si sentì alzata e ficcata nella carrozza, ma quando vi fu, una manaccia villana le cacciò un fazzoletto sulla bocca, e le soffocò il grido nella gola: Lucia si divincolava ma era tenuta da tutte le parti, faceva forza per pingersi verso lo sportello, per farsi vedere alla strada, ai campi, ma due braccia nerborute la tenevano per di dietro come conficcata al fondo della carrozza, due braccia nerborute ve la rispingevano per dinanzi, mentre tre bocche d'inferno dicevano con la voce più dolce che era lor concesso di formare: «Zitto, zitto, non abbiate paura, non vogliamo farvi male; non è niente, non è niente». Lucia tra per la sorpresa, tra per lo terrore che andava sempre crescendo, tra pei pensieri tutti oscuri, e tutti orrendi che le passavano in furia per la mente, tra per lo sforzo che faceva e quello che pativa, sentì mancare gli spiriti: le sue idee si abbujarono, cominciò a veder come confusi fra di loro quegli orridi visacci che le stavano dinanzi, un sudore freddo le coperse il volto, allentò le braccia, lasciò cadere indietro la testa, abbandonò la persona al fondo della carrozza, e svenne.
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Monza Lucia Lucia Lucia
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