La giornata è stata faticosa, ma tu sai che il tuo padrone vuole esser servito ma sa anche pagare...»
«Oh illustrissimo!...»
«Taci, e vanne tosto... ma no, aspetta: dimmi un poco come ha fatto costei per moverti a compassione. Che abbia un patto col demonio?»
«Niente, niente, signor padrone, era proprio il crepacuore che aveva quella povera ragazza. Se non avessi avuto un comando del mio padrone...»
«Ebbene?...»
«L'avrei lasciata andare».
«Oh! andiamo a vederla costei; e tu aspetta, partirai domattina... dopo aver ricevuto i miei ordini... tanto fa che quello inspagnolato aspetti qualche ora di più... Domattina sii all'erta per tempo».
Il Tanabuso partì, facendo un inchino, e il Conte s'avviò alla stanza dove Lucia stava in guardia della vecchia.
Bussò, disse: «son io», e tosto il chiavistello di dentro corse romoreggiando negli anelli, e la porta fu spalancata. Lucia si stava seduta sul pavimento, acquattata, accosciata nell'angolo della stanza il più lontano dalla porta, nel luogo che entrando le era sembrato il più nascosto, si stava quivi aggomitolata, con la faccia occultata, e compressa nelle palme, tutta tremante di spavento, e quasi fuor di sè: al romore che fece la porta, alla pedata del Conte che entrava trasalì, ma non levò la faccia, non mosse membro, anzi fece uno sforzo per ristringersi ancor più tutta insieme; e stette con un battito sempre crescente aspettando e paventando quello che avvenisse.
«Dov'è questa ragazza?» disse il Conte alla vecchia.
«Eccola», rispose umilmente la malnata.
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