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      «Come?» disse il Conte, «l'avete gettata là come un sacco di cenci».
      «Oh s'è posta dove ha voluto».
      «Ehi! quella giovane», disse il Conte avvicinandosi a Lucia: «dove diavolo vi siete posta a sedere? alzatevi; non voglio farvi male... lasciatevi vedere».
      Lucia non si mosse.
      «Peggio per voi», disse il Conte; «se volete fare il bell'umore. Ah! ah! non sapete dove siete. Pretendereste voi di resistermi? Abbassate subito quelle mani ch'io voglio vedervi».
      Queste parole furono dette con un tuono così minaccioso, che le mani di Lucia obbedirono quasi senza il comando della volontà: e Lucia lasciò vedere la sua faccia spaventata e dolente. Alzò ella allora gli occhi al volto del Conte che la stava guardando attentamente; e dopo un momento, gli disse con una voce, in cui al tremito dello sgomento era mista la sicurezza d'una indignazione disperata: «Che male gli ho fatto io?»
      «E che male voglio io fare a voi, scioccherella?» rispose il Conte, con voce più mite. «Credete forse d'essere condotta al macello? Verrà un giorno che riderete di tutto questo vostro spavento, e riderete forse anche di me, che vi rispondo ora così sul serio».
      «Ridere! oh Dio!» rispose Lucia «ridere!» e guardando un momento come smemorata, diede in un nuovo scoppio di pianto.
      «Sì sì, tutte voi altre fate così», replicò il Conte.
      «Ma perché», riprese Lucia, «mi fa ella patire le pene dell'inferno? Mi dica che cosa le ho fatto? Oh non mi faccia più patire così: Dio glielo potrebbe rendere un giorno...»
      «Dio: Dio: sempre Dio coloro, che non hanno niente altro: sempre rinfacciar questo Dio, come se gli avessero parlato.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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